L’imprevedibile viaggio di Coyote Sunrise: Dan Gemeinhart narra una storia densa di insegnamenti
Alcune storie sono talmente tragiche che fatichi a leggerle. Altre le leggi e ti conquistano fin nel profondo dell’anima proprio per quel risvolto tragico: proprio grazie alla tragedia ti appare vivida e chiara la forza dirompente della vita, e allora accetti di leggere anche storie tristi, purché riescano a farti divertire, e riflettere.
È questo il grande pregio de L’imprevedibile viaggio di Coyote Sunrise di Dan Gemeinhart, traduzione di Aurelia Martelli (Giralangolo edizioni, finalista Premio Andersen, Categoria Miglior libro oltre i 12 anni). Un libro che fa riflettere, e per farlo usa carichi di tristezza da competizione, ma, contemporaneamente, fa ridere, a bocca spalancata come un pazzo sull’orlo della crisi definitiva.
Perché Coyote è così, non ha mezze misure, riesce a presentarti un mondo gentile e spietato e lo fa con estrema naturalezza.
L’imprevedibile viaggio di Coyote Sunrise
Coyote ha 12 anni, e in realtà non si chiama Coyote. Viaggia assieme a Rodeo , che in realtà sarebbe suo padre, su un vecchio scuolabus soprannominato per l’occasione Yager e sempre per l’occasione abbellito e tirato a lucido come una casa mobile, solo un po’ più lunga e con più posti a sedere.
Mi feci strada fra le file di sedili, superai il letto di rodeo e percorsi il nostro cosiddetto soggiorno, oltre gli scaffali imbullonati alla parete, il divano imbullonato al pavimento e piante fiorite imbullonate sotto un finestrino. Attraverso il vetro vidi il fratello piccolo avviarsi verso la parete posteriore dell’autobus con il mio stesso passo disinvolto e una mano che copriva il piccolo rigonfiamento sotto la maglietta. Evitò persino di guardare nella direzione di Rodeo. Era un talento naturale, il tipetto. Scostai la tenta che separava la mia stanza ed entrai. Si soffocava dal caldo lì dietro, ma una volta partiti l’aria si sarebbe rinfrescata. Andai subito al finestrino e tirai le tendine. Il ragazzo era lì, che mi guardava a bocca aperta con il gattino in mano.
Da oltre cinque anni Coyote e suo padre viaggiano senza soste su Yager. Anche se forse il verbo corretto per l’occasione è scappano. Padre e figlia si sono lasciati alle spalle una famiglia, una cittadina e una nonna. La nonna in realtà Coyote la sente ogni sabato: è forse l’unico filo di un passato che Rodeo desidera fortemente dimenticare.
Gli amici di viaggio di Coyote
Lungo il loro cammino/fuga Rodeo e Coyote incontrano diversi personaggi. O meglio, Coyote si serve di diversi personaggi perché deve assolutamente tornare nella cittadina che vorrebbero dimenticare. E con l’aiuto di questi improponibili passeggeri spera di avvicinarsi per portare a termine la propria missione.
Tra un gattino e una capra, una ragazza fuggita di casa e un violinista, un gentile musicista e genitori sempre alla ricerca di lavoro, i passeggeri dello scuolabus diventano protagonisti stessi del racconto pur di aiutare Coyote.
Non mancano lacrime, tante. Risate, tantissime. E quella strana sensazione che solo i bei racconti sanno dare, la sensazione di vita assoluta, di scoperta, di crescita e di piacere di leggere.
Ecco un ricordo. Uno di quei ricordi strani, che sanno di magico e surreale, come quando ti svegli con una canzone che ti frulla in testa. Nella mia mente, questo ricordo è dolce e granuloso come zucchero di canna. Forse perché inizia con me che dormo. O forse perché è davvero un po’ magico. Chi lo sa. A ogni modo, eccolo.
Ci eravamo fermati ai bordi di una strada. Da qualche parte in Nevada, credo. La sera prima Rodeo aveva guidato fino a quando il deserto intorno a noi si era fatto argenteo sotto la luna piena e il cielo s’era riempito di stelle La strada su cui avevamo viaggiato non era molto grande, appena due corsie. Rodeo aveva abbassato il finestrino per entrare l’aria fresca del deserto. La radio era spenta e siccome dalla corsia opposta non arrivavano altre auto, come succedeva spesso nel deserto, Rodeo aveva spento i fari e così viaggiavamo al buio, guidati solo dal bagliore lunare.
Era così che mi ero addormentata: al chiaro di luna, con l’aria del deserto che mi accarezzava i capelli e Rodeo che canticchiava sottovoce
Storie, avventure, lacrime, speranze.
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